Fuori tempo, dentro la Storia

Per Cornelia Lovato “Amelia”  

23.03.1923 - 28.04.1945 

Mio nonno diceva che era "tutta matta".
Non lo diceva con rabbia, ma con quell’affetto ruvido e spigoloso che si ha verso chi ha scelto di non obbedire. Mia nonna, invece, non le ha mai perdonato quella scelta. Cornelia era sua amica, successivamente sarebbe diventata sua cognata, per mia nonna la Resistenza era un errore, uno scandalo, un affronto. Cornelia non stava dentro il disegno che ci si aspettava da una ragazza degli anni ’40. Era nata libera, in un tempo che alla libertà femminile non si poteva nemmeno dare un nome. La vedeva come una ribelle fuori posto, una donna che si era tirata addosso guai non solo per sé, ma per tutta la famiglia. E aveva ragione. La scelta di Cornelia ha avuto ripercussioni. Documenti bruciati. Ricordi spezzati. Ferite mai veramente cicatrizzate. Sovversiva, partigiana, e soprattutto donna. Ma non si è mai pentita. E anche se oggi restano solo frammenti, io — sua pronipote — posso provare a ricomporli.

Cornelia Lovato “Amelia”, faceva parte della Brigata Garibaldina "Stella", attiva nel vicentino. Non era una militante di facciata. Non era una che si metteva in posa. Non era “la ragazza coraggiosa”, non cercava medaglie. La sua era una rabbia lucida, una fame di giustizia che aveva poco a che fare con l’ideologia e molto con l’intuizione che le cose, così com’erano, non andavano bene. Per nessuno. Ma soprattutto per le donne.  Era giovane sì, ma non ingenua, forse anche impulsiva, ma assolutamente lucida. Aveva capito che il mondo che le offrivano non era abbastanza. Sapeva che la scelta che stava facendo l’avrebbe messa nel mirino non solo dei fascisti, ma anche dei benpensanti, della famiglia, del futuro stesso. Eppure la fece. Scelse la lotta partigiana come si sceglie di respirare. Come si sceglie di vivere. Aveva scelto di combattere. Ma più ancora aveva scelto di non tornare indietro. Non bastava essere viva. Bisognava essere libera. 

Cornelia non avrebbe mai accettato il ritorno al silenzio. Non avrebbe accettato il silenzio calato sulla storia delle donne a guerra finita. Non avrebbe chinato la testa davanti all’esclusione delle donne dalla narrazione ufficiale della Resistenza. Non avrebbe potuto sopportare di vedersi ridurre a una comparsa, a una nota a piè di pagina. Non avrebbe mai chinato la testa per tornare al focolare, al grembiule, alle attese. Era troppo “femminista” – parola che allora si diceva sottovoce, se si diceva – per rientrare nei ranghi. Troppo femminista, troppo cosciente, troppo viva.
Credo, con amarezza e rispetto, che forse la morte — pur ingiusta — le abbia risparmiato l’umiliazione che molte delle sue compagne hanno vissuto: quella di tornare e non trovare posto. Quell'ingiusta morte le ha evitato il gelo che ha investito molte donne del suo battaglione: quelle tornate vive, ma dimenticate. Quelle che hanno combattuto per un mondo nuovo e si sono ritrovate in uno vecchio, rimesso a nuovo solo in apparenza. 

Cornelia non era fatta per essere un’eroina commemorata a fine aprile. Era fatta per vivere adesso. Dove le donne possono (non sempre, ma più spesso) dire, fare, essere. Dove la Storia, finalmente, comincia a ricordarle.

Perché Cornelia era fuori tempo.
Ma ora, forse, finalmente, è dentro la Storia.


Commenti

Post popolari in questo blog

Benvenuti